Innovazione ed evoluzione naturale: cosa ci insegna Darwin?

PUNTI CHIAVE
  • Darwin: L’evoluzione della specie è innovazione ante litteram?
  • Cos’è l’Innovazione ad Alto Impatto 
  • L’errore più comune 
  • Generare varianza: l’abilità di creare diverse idee innovative
  • Pressione selettiva sì, ma tempo al tempo
  • Processo ad alto impatto per idee ad alto impatto

 

Il 1º luglio 1858 fu presentata la teoria dell’Origine delle specie per mezzo della selezione naturale di Charles Robert Darwin alla Linnean Society di Londra, di fronte a un pubblico piuttosto ristretto. Esponevano la teoria Charles Lyell, assieme al collega Joseph Hooker, mentre Darwin non era presente a causa della recente morte del figlio minore; in quella stessa occasione fu letta anche una comunicazione di Alfred Russel Wallace indirizzata proprio a Darwin, in cui Wallace aveva esposto la formulazione di una sua teoria sull’origine delle specie – da lui sviluppata indipendentemente – ma che aveva molti punti di contatto con quella di Darwin.
Il saggio di Darwin sull’argomento L’origine delle specie” fu pubblicato un anno più tardi, il 24 novembre 1859: l’interesse suscitato da quest’opera fu tale che la prima edizione, stampata in 1250 copie, andò esaurita il giorno stesso.

"Adoro gli esperimenti folli. Li faccio in continuazione" (Charles Robert Darwin)

Darwin e l’evoluzione della specie: è innovazione ante litteram?

Quali assonanze hanno “L’Origine delle specie” di Darwin, poi oggetto di diverse modifiche e addendum nel corso dei decenni, e la gestione dell’Innovazione all’interno delle aziende?

Dalle analisi di diversi progetti di innovazione affrontati in realtà produttive anche diverse tra loro, sia in settori B2C che B2B, possiamo affermare che è ancora ben radicata all’interno delle imprese l’idea che per sviluppare Innovazioni ad Alto Impatto sia necessario un processo non prevedibile, caotico, per dirla in una parola sola (forse) ingestibile. Questo modo di vedere l’innovazione e la sua gestione è imperfetto e non certamente allettante né funzionale.
Al contrario, l’innovazione può essere disegnata ed eseguita come un processo, un’evoluzione, una successione di passi lungo un percorso tracciato, quindi gestibile e ripetibile, che può assorbire e fare propri i due principi cardine della teoria darwiniana:

  1. la generazione della varianza – l’abilità di creazione di diverse forme di vita;
  2. la pressione selettiva – la capacità di selezionare le forme di vita che possono sopravvivere in un determinato ambiente.

Definiamo “Innovazione ad Alto Impatto”

Creiamo un terreno comune intorno a cosa intendiamo per Innovazione ad Alto Impatto.
Questo tipo di Innovazione ha necessariamente una caratteristica fondamentale che si esprime in due diversi campi: deve consegnare un alto impatto sia all’interno dell’azienda che all’esterno dell’azienda, cioè sul mercato.

1. Alto Impatto all’interno dell’azienda

Per Alto Impatto all’interno dell’azienda si intende la capacità di questa innovazione di essere sostenibile per l’azienda, realizzando margini operativi e rendendo affrontabili e remunerativi gli (eventuali) investimenti necessari per svilupparla.

2. Alto Impatto all’esterno dell’azienda

Per Alto Impatto all’esterno dell’azienda, quindi sul mercato, si intende l’abilità di questa innovazione di risolvere un problema per un segmento di clienti, oppure di creare una nuova domanda per quel prodotto/servizio innovativo che prima non esisteva. In ultima istanza, intendiamo la capacità dell’Innovazione di consegnare valore al mercato.

Il connubio di questi due aspetti rende l’innovazione veramente significativa per l’azienda e per i clienti, e la rende di successo sul mercato.
Per assicurare la buona riuscita di questo processo innovativo (ed evolutivo, per mantenere l’analogia) è vitale per le imprese dotarsi di un processo ripetibile e sostenibile che ne garantisca l’ideazione, lo sviluppo, il lancio e la gestione.

L’errore comune

L’approccio comune che abbiamo osservato in diverse aziende verso lo sviluppo dell’innovazione consiste nel sovvenzionare un gran numero di progetti di Ricerca e Sviluppo, con l’intento (o la speranza) che i profitti derivanti dal successo di un paio di questi progetti coprano i costi di tutti gli altri progetti non andati in porto.
“D’altronde, prima o poi qualche progetto che abbiamo in portafoglio funzionerà”: con queste parole un R&D Manager di un’azienda operante nel settore metalmeccanico ci ha sintetizzato il loro sistema d’innovazione, sicuramente non peccando per sintesi ed efficacia espositiva.
Teoricamente, questo approccio ha tutta la dignità di questo mondo per essere implementato: la diversificazione del rischio è uno dei principi cardine della gestione di un portfolio di progetti (lo stesso concetto viene applicato anche nel settore finanziario) e, unito a un sistema molto rigido di selezione dei progetti basato sui risultati già raggiunti nel breve periodo, può sembrare un buon modo per mettersi al riparo dall’eventualità di sprecare risorse su idee innovative che – apparentemente – non hanno futuro.

Ci sono però due angoli ciechi in cui rischiamo d’imbatterci applicando questo modus operandi.

  1. il concetto di “uccidi i progetti subito e spesso”, ignora il fatto che potenzialmente idee innovative ad alto impatto possono essere portatrici, almeno all’inizio del loro sviluppo, di diversi difetti. Non lasciando il tempo alle idee di svilupparsi, questo approccio rischia di soffocare sul nascere l’idea e l’innovazione, senza lasciare all’idea sufficiente spazio e tempo per uno sviluppo più maturo.
  2. la dinamica di under-funding dei progetti, unita alla pressione di portare subito risultati tangibili, può disegnare dei rapporti disfunzionali all’innovazione tra i team di progetto e la dirigenza aziendale. Se da un lato la dirigenza vorrebbe assaggiare risultati immediati dai progetti, dall’altro i team di progetto possono essere portati a lavorare con il timore di veder cancellato il proprio progetto: questa relazione porta i team:
    • a non comunicare alla dirigenza in modo completo tutte le informazioni relative al progetto,
    • a non comunicare i propri progressi ad altri team di progetto che potrebbero essere interessanti per il loro sviluppo
    • a rimandare attività di test e sperimentazione che potrebbero far emergere importanti criticità sul progetto (idea assolutamente deleteria!).

Generare varianza: l’abilità di creare diverse idee innovative

Quando si fa innovazione, la generazione della varianza non è spontanea, come nel mondo naturale. Deve essere sviluppata da persone che cercano modi nuovi, o diversi, di risolvere i problemi dei clienti oppure cercano una nuova comprensione di questi problemi; purtroppo invece, nella maggior parte dei casi, i team di innovazione limitano il loro pensiero a modifiche e perfezionamenti di idee note, che conoscono e per cui sono abbastanza confidenti in merito al loro successo.

Disegnare un processo che incentivi l’elaborazione di nuove idee e che siano lontane dal “già fatto” in azienda può superare questo ostacolo: predisporre una fase di “Innovation Strategy” in cui siano previsti specifiche occasioni d’incontro di generazione delle idee e implementare strumenti tipici del metodo Impact Innovation (come la Value Lifecycle Map) può aprire la mente dei team d’innovazione, che si troveranno davanti l’intero funzionamento del mercato e le criticità che ciascun attore vive e sperimenta lungo tutto il suo ciclo di vita.

In questo modo la generazione di idee, che punta a risolvere specifici problemi o cogliere determinate opportunità, risulta essere molto più a fuoco rispetto ai diversi target di mercato e “guidata” dal metodo, che può essere ripetuto, ad esempio, per un diverso settore specifico rispetto a quello preso in esame precedentemente oppure per una diversa famiglia di prodotti. Per funzionare al meglio, in questa fase è richiesta una solida collaborazione interdisciplinare: infatti team eterogenei ampliano la portata dell’esplorazione combinando domini di conoscenza precedentemente separati.

Pressione selettiva sì, ma tempo al tempo!

La generazione della varianza è solo il primo passo nell’evoluzione, e dell’innovazione: è la pressione selettiva, attraverso la competizione per le risorse (diremmo il cibo, nella similitudine darwiniana dell’evoluzione della specie) a determinare quali variazioni sopravvivono e quali no (in genetica, per esempio per un uccello, potrebbero essere becchi più lunghi e più funzionali alla raccolta del cibo).
Possiamo applicare questo stesso principio all’innovazione, ma evitando le derive disfunzionali che abbiamo citato in precedenza.

Disegnando un processo organizzato per macro-fasi successive, ad esempio composte in generazione delle idee, sviluppo preliminare, sviluppo di dettaglio, test e prototipazione, industrializzazione e lancio sul mercato, prevedendo per ogni fase un parco di strumenti standard che i team di innovazione devono usare per eseguire le attività relative alle macro-fasi e istituendo determinati punti di controllo e valutazione ricorrenti lungo tutto il processo, potremmo:

  • realizzare un sistema che produce regolarmente degli output prevedibili e, almeno nella loro struttura, facilmente valutabili dalla direzione aziendale;
  • realizzare un sistema che regolarmente valuta quali idee sono meritevoli di essere sviluppate e quindi di ricevere budget per l’implementazione, invece di allocare a pioggia risorse aziendali su una serie di progetti solamente nelle loro fasi di start-up;
  • realizzare un sistema che regolarmente auto-apprende dalle idee innovative che presentano ostacoli insormontabili per lo sviluppo e che agilmente decide quali idee portare avanti, quali fermare temporaneamente perché, ad esempio, meritevoli di ulteriori approfondimenti o test, e quali uccidere perché già senza futuro.

Processo ad alto impatto per idee ad alto impatto

L’innovazione ad alto impatto può essere perseguita e resa sistemica attraverso il disegno di un processo rigoroso e disciplinato composto da esplorazioni, valutazioni e selezioni, sperimentazioni e apprendimenti.
Padroneggiare il processo, tuttavia, richiede una trasformazione organizzativa in cui le persone, e in particolare i manager, adottino i comportamenti giusti, iniziando a considerare idee apparentemente al di fuori della comfort zone aziendale, e sospendendo il giudizio all’inizio del processo di esplorazione. È necessario iniziare ad abbracciare l’apprendimento attraverso la sperimentazione delle idee e l’eventuale loro fallimento, esercitando ricorrentemente la capacità di giudizio sul portfolio d’innovazione dell’azienda.

Implementare l’innovazione aziendale secondo i cardini dell’evoluzione determina un nuovo valore aggiunto per l’azienda, abilitandola a dotarsi di un metodo replicabile e ripetibile, che unisce capacità visionarie e strategiche – saper guardare lontano – a pragmatismo d’azione – saper realizzare rapidamente – tipiche e caratteristiche di una Lean Lifestyle Company che vuole concretizzare un nuovo modo di essere e di fare azienda.


Articolo a cura di:

Riccardo Siciliani

Manager Lenovys

Ricopre il ruolo di Manager all’interno della Delivery Unit Strategy & Innovation di Lenovys, e affronta progetti relativi alla definizione e implementazione delle strategie aziendali, dei sistemi di innovazione e applicazione dei principi di Lean Product and Process Development con clienti operanti nei settori dell’industria manifatturiera, food & beverage e servizi finanziari.

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