Coloplast

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Scenario

Coloplast è un’azienda multinazionale che sviluppa, produce e commercializza dispositivi medici, per ospedali e istituzioni.
Nata nel 1957, la sede principale si trova a Humleaek, in Danimarca, mentre la sede italiana si trova a Bologna.

È stata inclusa nelle edizioni 2012 e 2013 dell’elenco “World’s Most Ethical Companies” pubblicato da Ethisphere, nel 2017 ha ottenuto il 29º posto nella classifica delle aziende più innovative pubblicata da Forbes Magazine.

Per la filiale italiana, in questo contesto di grande fermento ed elevato ritmo di crescita, si presentava una sfida nuova da affrontare: un incremento del numero di dipendenti e la necessità di riunire nella sede centrale un ufficio – che era stato distaccato presso il magazzino di distribuzione – fanno sorgere l’esigenza di trovare e allestire una nuova sede.

Criticità e obiettivi

In altre parole, il problema sembrava semplice: quello di trovare nuovi spazi per accogliere un 20% di dipendenti in più.
L’azienda chiese dunque a progettisti esterni di trovare rapidamente una soluzione e la risposta fu una “sentenza” apparentemente inappellabile: prendere in affitto un altro piano dell’edificio e arredarlo. A distanza di tre mesi la situazione era in stallo e nessuna decisione era stata presa per portare avanti il progetto.
La causa di questo stop era da ricercarsi nell’impatto economico: la soluzione proposta era particolarmente onerosa (circa 300 mila euro tra nuovo affitto, forniture energetiche e idriche, oltre agli arredi) e la casa madre rifiutava di approvare l’operazione.

Per uscire dall’impasse era necessario adottare un approccio nuovo: la direzione, quindi, creò un gruppo di lavoro interno – diretto da un consulente Lean – con l’obiettivo di trovare una soluzione alternativa.
Il consulente lean aveva il compito di guidare il team di lavoro verso una migliore comprensione della situazione, per definire più accuratamente il problema e identificare altre possibili soluzioni alternative.

Aree di intervento

Il gruppo si mise all’opera per quattro giorni consecutivi.
Il primo step era definire con chiarezza l’obiettivo – utilizzare gli spazi esistenti in maniera funzionale prevedendo una crescita negli anni futuri – e le esigenze:

  • utilizzare le stesse superfici
  • assicurare flessibilità
  • riportare l’ufficio esterno nel quartier generale
  • tenere fisicamente vicini capiufficio e collaboratori
  • assicurare spazi per il materiale IT
  • predisporre scrivanie vuote per la futura crescita
  • ridurre la rumorosità degli ambienti
  • avere una stanza in cui ricevere gli utilizzatori finali dei prodotti

Inoltre era necessario muoversi nel rispetto degli obblighi normativi e di tutti i vincoli interni:

  • rispetto della legge 626 sulla sicurezza dei luoghi di lavoro
  • volontà di mantenere le aree comuni esistenti
  • necessità di avere otto spazi chiusi, due sale riunioni grandi e due piccole
  • intervento solo sugli “open space” e sul mobilio
  • ricerca di una standardizzazione per aree utilizzando lo stesso mobilio
  • ricerca di un utilizzo più efficiente di stampanti e armadi

 

Al gruppo di lavoro fu chiesto di sviluppare almeno sette proposte alternative, da valutare con un sistema oggettivo che «pesa» ogni esigenza con un indicatore numerico oggettivo.

Per rendere più realistiche e visuali le alternative, il team di lavoro produsse – con carta, forbici e colla – le piantine di alcune delle situazioni di layout proposte.

La soluzione fu l’esito di un lavoro di squadra: furono selezionati gli aspetti migliori di alcune delle sette soluzioni per creare una versione «ibrida» che soddisfava al meglio tutte le esigenze identificate. Il team interno era riuscito dove gli «specialisti» avevano fallito.

La soluzione individuata passò a una successiva valutazione tecnica per l’implementazione operativa e venne realizzato un piano in più fasi: preparazione, preventivi, ordini e consegne, lavori. A supporto di questa fase nessun software all’ultima moda: solo tanti fogli di carta su cui riportare date, cifre e una mappa visuale su cui tutti potevano vedere e capire facilmente le tappe del cammino, dal tempo «zero» all’inaugurazione.

Risultati

Il gruppo, con la soluzione ottimale individuata e il piano di implementazione, presentò alla direzione danese la proposta: non occorreva prendere in affitto nuovi spazi, ma riorganizzare gli spazi a disposizione, assicurandosi così un risparmio a regime di 192.000 € l’anno rispetto all’affrettata soluzione iniziale proposta dagli architetti. La casa madre accettò il nuovo progetto, che fu immediatamente implementato. Il budget della lean solution fu di appena 98.000 Euro l’anno, diminuiti a 64.000 al termine della riorganizzazione.

L’eliminazione di alcune scrivanie troppo grandi, la riduzione degli armadi per i documenti e una disposizione ingegnosa delle postazioni di lavoro avevano contribuito a trovare quel 20% in più di spazio necessario per le nuove postazioni di lavoro, pur restando nei locali esistenti.
Il processo di valutazione fu rapido, grazie a regole semplici e condivise in grado di far pervenire il gruppo a una decisione finale chiara. Un successo che tutti ricordano in Coloplast Italia.

È stato dimostrato che “rallentare”, per consentire al team di definire il problema correttamente e identificare una soluzione creativa condivisa, ha fatto ottenere un risultato superiore a quello, apparentemente più veloce, a cui sarebbero arrivati gli esperti, in modo unilaterale.

Inoltre lo spirito positivo che si è creato nel team per definire la migliore soluzione, la profonda comprensione del problema e l’accurata pianificazione svolta a monte del progetto hanno consentito tempi di implementazione molto rapidi e un rinnovato spirito di gruppo.

(tratto da “Toyota Way. I 14 principi per la rinascita del sistema industriale italiano” di J.Liker e L. Attolico, Hoepli 2014 )

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